La signora della stazione, Eva, non ha affidato la vita alla sorte. Ha voluto che ogni fase del suo percorso esistenziale fosse un avanzamento verso un nuovo progetto di vita, incrociando le vicende collettive dei contesti in cui cresce, diventa adulta e mette al mondo i figli. Nella città dove si è trasferita è tornato l’ottimismo dopo le devastazioni della guerra. Anche per lei le cose stanno cambiando. Suo marito Antonio, facendosi operare, ha deciso di “guarire per sempre” da un'insidiosa malattia allo stomaco. Mentre si prepara a vivere il momento tanto atteso delle dimissioni dall’ospedale, in una calda mattina di luglio, il nastro della sua vita si svolge e si riavvolge rievocando fatti, emozioni e sentimenti, portati da irrefrenabili ricordi. Quella mattina di luglio Eva corre trepidante e fiduciosa a riabbracciare Antonio, convinta sia giunto il momento per riprendere insieme il cammino intrapreso.
Nella dedica apposta sulla prima pagine del suo libro Dolores Deidda esprime la speranza che la sua lettura ci coinvolga, almeno un pò. E accidenti se lo ha fatto! La freschezza e l'immediatezza del linguaggio che adopera sono tali da coinvolgere chiunque abbia un minimo di cuore e di sensibilità e la storia è così toccante da penetrare in noi suscitando sensazioni profonde come se non di altri si trattasse ma di noi, della nostra storia. Pensiero ancor più vero se accompagnato dalla certezza che si riferisce alla famiglia di Eva. Il trauma della perdita prematura del marito, del padre dei suoi figli, è stato per questi compensato dall'amore e dalla cura che lei ha riservato alla loro crescita, rendendola armoniosa. Un grazie di cuore all’autrice per i preziosi momenti della lettura e un apprezzamento totale e sincero per la bellezza del racconto.
Ho terminato a malincuore quello che definirei un delizioso affresco della Sardegna del dopoguerra, non senza aver imparato aspetti e aneddoti di quest'isola che ignoravo, per aver approfondito altre epoche. "La signora della stazione" di Dolores Deidda non si limita a descrivere con delicatezza e maestria il ritratto di una donna, Eva, madre di quattro figli e moglie amorevole di Antonio. Si tratta, infatti, a mio avviso, di un "ritratto di famiglia" che l'autrice dipinge con dovizia di particolari realistici e al contempo grande pudore. I temi affrontati sono la guerra, il banditismo, il destino - non ineluttabile - di nascere in centri sperduti dove si fa prima a elencare ciò che manca che ciò che il luogo possiede e offre. Il suicidio per disperazione, la malinconia di lasciare i luoghi natii per poter affrontare il mondo in rapida evoluzione. E ancora, la religiosità del popolo sardo, le superstizioni degli "antichi" e l'emancipazione femminile. Eva, figura femminile antica e moderna al tempo stesso, pur senza militare, rappresenta la donna che sfugge all'immobilismo, si sbraccia e svolge un lavoro prettamente maschile: la capostazione, la prima in Sardegna negli anni '40. Lo stile realistico, chiaro e lineare ma incisivo, i temi generali, non possono non rimandare a quelli della grande scrittrice nuorese Grazia Deledda. Mi fermo qui lasciando agli altri lettori il piacere di scoprire e gustare questa bella pagina di narrativa.
Ho trovato il libro molto avvincente, dopo letto un episodio avevi subito il desiderio di leggerne un altro. Mi é molto piaciuta l'analisi dei sentimenti della Signora Eva, una descrizione molto attenta della bellezza di un animo umano. E, in tutto il libro, era manifestato un amore profondo, chiaramente sia della Signora Eva che dell'autrice, per la Sardegna e per la sua gente, realizzato attraverso una descrizione accurata della realtà sarda del tempo. Molto bello e toccante.
Una saga familiare, raccontata con un'amore indicibile, che richiama profumi e sapori della natura incontaminata che e' scenario costante nella vicenda umana della prima donna Capostazione della Sardegna. Un romanzo che è occasione per raccontare una bellissima storia d'affetto muliebre e familiare in uno scenario che richiama precisi fatti legati alla povertà diffusa, usi e consuetudini , fatti di cronaca, storia a cavallo del primo e secondo conflitto mondiale. Un libro da adottare nelle scuole perche' non venga rimossa la memoria storica che tutti ci riguarda.
Nel leggere “La signora della stazione” si ha l’impressione di assistere ad un film imperniato su una saga familiare con due attori, Eva e Antonio, cui la “regista” riserva il ruolo di assoluti protagonisti. Eva é un’autentica eroina che incarna le migliori virtù delle donne sarde. Lei é forte, coraggiosa, fiera, passionale; é proprio la passione per il suo uomo che non viene scalfita dal distacco, dalla lontananza, dalla malattia e neanche dalla morte. Entrambi i protagonisti abitano un piccolo, isolato borgo nel cuore della Sardegna. É lì che Antonio non tarda ad essere illuminato da quella giovane che presto diventerà sua moglie. Loro hanno tanto in comune, ad incominciare dal legame con la terra natia, che però si accompagna all’anelito verso nuovi orizzonti, verso altre culture. Attorno ai protagonisti compaiono numerosi personaggi; di ognuno la “regista” analizza a fondo personalità e comportamenti, tanto che il lettore può pensare di averli realmente presenti. Gli avvenimenti si svolgono nella prima metà del secolo scorso, caratterizzato dalla tragedia dei due conflitti mondiali. Antonio ed Eva vivono gli anni del secondo conflitto: l’uno dapprima immerso nel dramma della città di Cagliari, con le distruzioni e i morti, e successivamente nel caotico ultimo periodo della guerra; l’altra ne subisce gli effetti collaterali, confinata in una stazione remota, crocevia di persone e merci, esposta a molteplici pericoli derivati dall’uomo e dalla natura, carica di responsabilità legate al lavoro e all’educazione dei figli. In quell’ambiente e in tale situazione, Eva esprime appieno tutto il suo coraggio e la capacità di affrontare le più disparate e delicate situazioni. La rappresentazione dei diversi borghi e delle loro comunità é estremamente curata sia dal punto di vista etnologico che sociologico. Gli ambienti naturali paiono quasi incantare l’autrice, che, come un pittore, li mostra nelle loro molteplici varietà di forme e colori. É una natura incontaminata e selvaggia, generosa per i frutti che produce, ma talora dura e rude come sono le rocce del massiccio del Gennargentu (la porta d’argento nel romanzo). L’opera é un susseguirsi di forti emozioni, dove s’intrecciano sentimenti di amore, odio, paura, coraggio, passione, amicizia. Talora può sembrarti di riconoscere un vissuto tuo o della tua famiglia. La lettura é sempre piacevole per lo stile espressivo dell’autrice che, tra l’altro, mostra perfetta padronanza anche della lingua sarda (vedi le frequenti citazioni). Credo che Dolores Deidda abbia potuto realizzare questa splendida opera grazie a solidissime radici culturali, oltre che genetiche; la pianta ha sviluppato rami robusti che hanno prodotto frutti prelibati: uno di questi é certamente “La signora della stazione”. Titino Flore
Un bellissimo ritratto di una donna speciale ! Un affresco di una Sardegna sconosciuta . Un gran bel libro !
“La signora della stazione”,di Dolores Deidda, è a mio avviso un libro molto bello, scritto benissimo, cona scrittura spontanea e sorretta da un sempre attento controllo espressivo. Nonostante la sua lunga gestazione, il racconto si snoda con un tale sapore di freschezza da farlo sembrare non la rievocazione di fatti e di sentimenti lontani nel tempo, ma di esperienze di vita appena vissute. La scrittrice, abile nel disegnare i caratteri di tutte le persone che Eva, la protagonista del romanzo, incrocia nel suo cammino esistenziale, a cominciare da quello del marito e dei figli, eleva ad un livello letterario il percorso di vita di una donna, moglie e madre di quattro figli, che lotta, con grande coraggio e senza mai perdersi d’animo, contro le avversità della vita. Colpiscono, inoltre il piglio e la bravura, propri di un’etnologa, con i quali vengono rappresentati le antiche tradizioni popolari delle comunità di Serri, di Tonara e di Desulo, gli usi e i costumi, i modi di dire e di far festa dei loro abitanti. Nelle sette ore di un terribile ventuno luglio millenovecentocinquantadue, nel corso delle quali si riavvolge tutto il tempo dell’esistenza di Eva, si staglia la figura di una donna straordinaria, che lotta senza mai piegarsi ed arrendersi alle grandi responsabilità che deve affrontare. Di Antonio, coprotagonista del romanzo e costante punto di riferimento per Eva, l’autrice, tratteggia, con eguale bravura, la figura di un marito e di padre, capace di riempire, con una straordinaria delicatezza d’animo, di dolcezza e di trepida attesa, perfino la sua lontananza dalla famiglia, imposta dalla tragedia della guerra. In conclusione, un bel romanzo, con il quale Dolores Deidda si rivela, per la prima volta a se stessa, una scrittrice di talento, non soltanto di pubblicazioni di carattere tecnico-scientifico.
Dolores ha ricostruito il passato prossimo con grande accuratezza per tramandare non solo i saperi ma soprattutto la memoria degli affetti. Ha evidenziato il carattere forte e insieme paziente e delicato carattere di Eva, vera donna sarda amorevole e piena di risorse che ha ricoperto un ruolo inusuale, specie in tempo di guerra. E ha diretto la sua Stazione. Ha immaginato un futuro per i suoi cari, figli dei figli di chi, con il consiglio delle janas, ha edificato i Nuraghi.
Dolores Deidda ha strutturato così magistralmente, a mio giudizio, la narrazione del suo romanzo, trasformando la storia di una famiglia, come forse tante, in un appassionante caso letterario. La prosa semplice ma elegante e la scrittura limpida, che rifugge dagli “effetti speciali”, mi hanno tenuto inchiodato fino alla fine del romanzo, facendomi assaporare anche le altre tante storie parallele di vita vissuta in piccoli mondi antichi da persone semplici e autentiche. Mentre il fantasma prima, e la tragica realtà della guerra poi, fa da sfondo alla storia di Eva e della sua famiglia.
Un romanzo avvincente, che si legge tutto d’un fiato. L’architettura narrativa è accattivante. La narrazione degli eventi nel solco che la vita ha tracciato nella storia di Eva, protagonista assoluta del romanzo, emoziona con l’accurata descrizione dei sentimenti, delle passioni, delle empatie che la storia porta con se.
La Signora della stazione è un romanzo che ha da subito catturato la mia attenzione e il mio interesse. Fin dalle prime pagine, infatti, lo stile narrativo dell’autrice, così coinvolgente e sapientemente erudito, mi ha accompagnato nella vita di Eva, la protagonista del romanzo, facendomi immergere completamente nel tempo e nello spazio in cui questa storia ha avuto luogo. Le descrizioni particolareggiate e puntuali della dimensione sociale, culturale e storica, che fanno da sfondo a questo romanzo, gli conferiscono un valore aggiunto che trascende il racconto in sé… una storia nella Storia! Eva risulta da subito l’eroina del romanzo, una donna che colpisce per il suo amore per la conoscenza, per l’eleganza, per la forza d’animo, per la determinazione e l’indipendenza che l’hanno resa una donna libera, protagonista della sua vita. Una gran bella storia raccontata con amore, ammirazione, rispetto e pudore.
Romanzo avvincente, con un'ambientazione storica in cui molte famiglie possono riconoscere il loro vissuto negli anni teribili della seconda guerra mondiale.